Scolpire

 . . . Le opere d’arte sono per l’adulto gli oggetti transizionali per eccellenza. Deriva da qui la caratteristica lotta dell’artista con il suo medium, l’esasperante incongruità tra l’opera come è stata progettata e la sua realizzazione “incarnata”. Lo scultore si batte con il legno e la pietra, la ballerina con il suo corpo. Il tentativo di aggirare la difficoltà pretendendo, come alcuni estetologi hanno fatto, che la concezione mentale dell’opera d’arte, non contaminata dalla sua incarnazione materiale, sia la vera opera, dà della situazione una lettura completamente erronea.”  Rudolf Arnheim

Ha senso oggi mettersi davanti ad un blocco di marmo con un ferro in mano!?
Forse oggi più di quanto si possa pensare. L’arte oggi ha mille sfaccettature ed ha intrapreso mille strade; l’idea che certi percorsi siano superati è alquanto superficiale e basata soprattutto su falsi concetti di modernità o forse ancor meglio di mode culturali.

Si è perso per strada un elemento fondamentale rappresentato dal rapporto fisico oltre che mentale con la cosiddetta “materia”; perciò essa è vista alla stregua di “materiale” da adoperare per realizzare (o far realizzare) la propria idea.

Se viene meno il rapporto fondamentale fra l’opera ed il suo artefice, viene meno il significato più elevato dell’agire artistico. Ci si accontenta così di un manufatto che assomiglia sempre più ad un oggetto seriale o di arredamento dove il rapporto e l’interazione fra l’idea e la sua incarnazione nella materia sono di fatto nulli.

Purtroppo sempre più spesso si assiste ad “artisti” che considerano il rapporto personale con la loro opera talmente “inutile” che la fanno eseguire da altri. E’ quindi facile trovare artisti che organizzano la loro attività da imprenditori capaci, questo sì, di “trovare i giusti collaboratori che possano realizzare le loro opere”.

Ed è perciò altrettanto facile imbattersi in opere affidate a professionisti, questi seri, capaci di dar vita a disegni o bozzetti di poco conto, conferendo loro “dignità di opere d’arte”.

E’ stato proprio così, realizzando lavori di marmo per gli artisti del mo-mento, collaborando con un antico ed autentico maestro di scultura che ho imparato ad amare questo lavoro e a disprezzare profondamente tutti colo-ro che, per motivi spesso di puro calcolo, di carriera o di opportunità, utilizzavano la Scultura senza praticarne la realizzazione, ma anche senza im-maginare il potenziale concettuale e spirituale che avrebbe loro apportato, se vi si fossero avvicinati con spirito umile e fervore.

Si potrebbe obiettare che in ogni epoca gli scultori hanno realizzato le loro opere con l’aiuto di collaboratori; i cantieri delle cattedrali gotiche ne sono un esempio. Oggi, nel mondo della scultura, non è insolita (anzi è prassi quotidiana) la realizzazione di un’opera di marmo pensata da un artista che non possieda alcuna conoscenza, non solo della tecnica ma neanche delle modalità operative; certamente un’opera come il pulpito di Siena che vede spalla a spalla nomi importanti quali Giovanni, Nicola, Arnolfo è improponibile oggi. Figure di artisti che studiati ed analizzati si contendono per via di cifre stilistiche simili ma mai sovrapponibili, un brano del pulpito, una figura, un’espressione, un modo di trattare la superficie . . . quanto pochi e squallidi ragionamenti possiamo sviluppare oggi quando la norma è trovarsi di fronte ad un misero bozzetto di pochi centimetri realizzato in creta, plastilina o di gesso che debba essere tradotto in marmo senza che l’autore abbia tenuto conto che certi “tocchi” non possono essere tradotti a meno che non siano interpretati dall’autore stesso, autore che non è neanche presente durante l’esecuzione dell’opera.

E’ un cane che si morde la coda . . non possedendo gli strumenti per una siffatta trasposizione, l’autore dovrebbe desistere, non è facile quando il guadagno, il prestigio personale, il critico esigono che tu faccia quell’opera . . si troverà qualcuno che la realizzerà..!! Così oggi ci troviamo di fronte a botteghe dove l’esperienza di lavoro è messa a disposizione di artisti che con il lavoro di scultura hanno poco a che fare.

 

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